“Sanfrediano è in realtà un albero che germoglia da infinite primavere, e le sue ragazze sono immortali come le sue pietre”. Vasco Pratolini.
Le ragazze di San Frediano sono bellissime. Hanno occhi luminosi e sorrisi dolci. Sono piene di voglia di vivere e si inventano mille cose da fare: cantano, parlano del loro quartiere nelle scuole americane e si incontrano nella biblioteca pubblica per leggere insieme. Hanno profonde rughe sul viso, ognuna delle quali racconta una storia. E loro, le ragazze, hanno voglia di raccontarle queste storie. Quasi tutte hanno frequentato le elementari in Via S.Monaca, una scuola femminile.“I maschi andavano alla Mazzini in via della Chiesa – dice Luciana, 62 anni. - una scuola mista, dove c’erano due porte d’ingresso, una per i maschi e una per le femmine. Le bambine uscivano dieci minuti prima perché altrimenti i maschi gli tiravano su la sottana”. Da piccole giocavano per strada sotto l’occhio vigile delle mamme che stavano a cucire e rammendare sulla porta di casa nelle stradine del quartiere. “Si giocava a palla, a fune, a nascondino nelle scale buie dei palazzi – racconta Ornella, 78 anni – Un grande divertimento era guardare dalle finestre gli uomini per strada che si picchiavano e le donne che litigavano e si pigliavano per i capelli per gelosia. Il marito di un’amica, che faceva il fiaccheraio, se l’intendeva con una “gobbina”. La moglie, quando la incontrò, le strappò di dosso la camicetta per far vedere a tutti la sua gobba. Era come andare al cinema”. Qualcuna ha continuato gli studi dopo le elementari, altre hanno imparato subito dei mestieri. “Sono andata a scuola solo fino alla quinta elementare perché nella mia famiglia mi dicevano che nella vita è bene saper adoperare le mani – racconta Nicla, 74 anni - Ho fatto la ricamatrice, poi la sarta, l’aggiuntatora, facevo le tomaie per le scarpe e infine ho lavorato in una legatoria in via dei Ginori”. “ A otto anni andavo ad imparare a cucire nelle sartorie – dice Marisa, 86 anni -. Mi chiamavano “scricciolino”.Poi, un po’ più grandicella, ho lavorato in via delle Oche e dalle “Sorelle Polloni” sui Lungarni. Facevo anche gli abiti da sposa”. “Mia mamma mi diceva sempre che dovevo imparare un mestiere di casa per accudire gli uomini – racconta Marta, 71 anni - Mi piaceva ricamare a macchina, ma quando il babbo è morto sono andata a fare l’impiegata”. “Le ore di lavoro non si contavano – dice Marianna, 84 anni – Io lavoravo in un’officina meccanica di arredamento. Quando ero libera mi piaceva andare a pattinare. Ho attraversato Firenze sui pattini”. “La nostra vita da ragazze, i divertimenti, i primi incontri con i ragazzi, si svolgevano nel teatrino degli Artigianelli dove si mettevano su degli spettacolini, in Parrocchia o alle feste in casa”, raccontano le sorelle Nara e Gianna, 69 e 62 anni. “La sera potevamo uscire fino a mezzanotte solo a Capodanno e per l’ultimo di Carnevale – racconta Luciana, 69 anni - gli altri giorni ci si inventavano delle scuse per poter tornare sempre un po’ più tardi. Ci si incontrava nel gruppo della Parrocchia del Cestello. Tutti gli anni si faceva una gita e lì nascevano i primi amori”. “Qualche volta si andava al cinema – continua Nicla - al Teatro di Cestello dopo la messa o al cinema “Orfeo” in Piazza De’ Nerli. Raramente si andava di là dal ponte e quando succedeva era una festa, ci si cambiavano le scarpe e si metteva il vestito buono”.
Paolo ha 71 anni e vive in Borgo Tegolaio. Ha sempre lavorato, fin da bambino, come restauratore nel negozio che era del padre in via S.Spirito. “Da ragazzi – racconta – ci si ritrovava al bar in via Maggio e il divertimento più grande era fare degli scherzi. Una volta abbiamo riempito di ranocchi la vasca del Biancone in Piazza della Signoria. Un’altra volta, di notte, abbiamo murato la porta d’ingresso del tabaccaio”. I ragazzi erano divisi in tre bande “C’era quella di S.Frediano, quella di S.Spirito e quella del Canto dei quattro Leoni – continua – A volte si faceva a botte, ma per scherzare, anche se qualche volta capitava di farsi male”. E le ragazze? “Non era semplice stare con le ragazze – dice Paolo – se una si fermava per strada a parlare con un ragazzo veniva considerata una facile. Allora si andava alla messa la domenica per incontrarle e la maggior parte del tempo si stava fuori ,dalla chiesa a chiacchierare e ad organizzare le feste in casa, dove si faceva musica e si ballava”. Alessandro, classe 1932, amava andare a pattinare “Si pattinava in via Maggio, sotto i Portici in piazza della Repubblica o al “Bologna”. Eravamo tutti dei “poveracci” dopo la guerra, i pattini si compravano a rate. La Luana però era un’altra cosa. La sua famiglia aveva una pasticceria in via S.Agostino e veniva a pattinare con dei bellissimi completini con la gonnellina. Eravamo tutti innamorati di lei, ma ha sposato uno ricco ed è andata a stare in America”.
Chi sono oggi le ragazze di S.Frediano? Quali sono i nuovi volti che caratterizzano un quartiere che negli ultimi anni si è spopolato per lasciare spazio a tanti stranieri? Da un lato ci sono le giovani ragazze che tutte le mattine incontri dietro i banconi dei negozi, che portano avanti tradizioni e mestieri abbandonati da chi qui aveva vissuto e ha dovuto per vari motivi andarsene. Non vantano diritti di nascita nel quartiere ma sicuramente un diritto di appartenenza. Gaia ha 23 anni e gestisce un negozio storico di “chicche” in Borgo S.Frediano. Ha un viso dolce e lunghi capelli biondo platino. La sua famiglia ha rilevato questo negozio da due anziani residenti salvandolo dalla chiusura. Giovanna ha 35 anni e ha aperto da alcuni anni una piccola bottega dove esercita la sua attività di restauratrice e decoratrice di mobili. Rubina ha 29 anni e lavora nell’atelier di scultura della famiglia e porta avanti l’attività iniziata dal suo quadrisnonno Pasquale Romanelli, allievo di Lorenzo Bartolini. Rita ha 35 anni e fa la barista. E’ venuta dalla Sardegna 10 anni fa e si è trasferita a San Frediano. E’ molto sexy e molto corteggiata dai ragazzi che frequentano il bar di Michele in via S.Onofrio. Poi ci sono le ragazze che sono nate a San Frediano. Non abitano più nel quartiere da quando si sono sposate, ma il loro cuore è sempre rimasto qui e ci tengono fortemente alla loro identità di sanfredianine. “A noi ci riconoscono – dice Silvia, 26 anni – perché siamo un po’ sguaiate. Noi non parliamo, si urla. All’inizio la gente ci guarda strano, ma quando ci conoscono capiscono che siamo vere e sincere”. Sono cresciute insieme le ragazze e hanno vissuto forse gli ultimi anni in cui San Frediano era ancora “il quartiere” di Vasco Pratolini, “un po’ becero e vivace”. “Quando eravamo ragazzine – dice Valentina, 35 anni – ancora si vedevano le signore anziane sedute sulle seggioline davanti alla porta di casa. Gli stranieri si fermavano a fotografarle”. “Ci si ritrovava tutte in Piazza Tasso – dice Cristina, 42 anni – o al circolino in via del Leone che chiamavamo “Cellula”. Eravamo una bella compagnia”. “Andavamo a fare merenda dal coccolaio in via del Leone, che faceva i panini con le polpettine e alla stalla in piazza Tasso, dove ci facevano fare i giri sulle carrozze”. “I ragazzi si ritrovavano davanti al bar e quando passavamo facevano commenti anche pesanti – racconta Valentina – ma guai se qualcuno che non era del quartiere faceva apprezzamenti su di noi. I sanfredianini ci proteggevano e volavano anche botte.” “Fino a qualche anno fa San Frediano era un rione, dove ci si sentiva una grande famiglia – dice Silvia - e un po’ imparentati lo siamo davvero perché si viveva in case fatiscenti, si dormiva tutti in una stanza, fratelli, cugini, zii e ogni tanto i grandi tiravano la tendina e chissà che succedeva là dietro”. “Ormai a San Frediano sono rimasti solo pochi vecchi – dice Caterina – che vivono in case con lo sfratto, le stesse che noi abbiamo dovuto abbandonare senza trovare un’altra soluzione abitativa nel quartiere”. “Piazza Tasso non è più vivibile – dice Silvia – è invasa da barboni e extracomunitari che vivono sulle panchine. E’ pieno di siringhe. Ragazzi giovani non se ne vedono più”. Ma le ragazze, come allora, continuano a ritrovarsi tutti i pomeriggi alla ludoteca di via della Chiesa dove portano a giocare i bambini che frequentano le scuole del quartiere. “Anche se non abitiamo più qui – dice Cristina – il nostro cuore è sempre in questo quartiere e siamo orgogliose di essere sanfredianine”.
E i giovani ragazzi che come Bob di Vasco Pratolini fanno perdere la testa alle ragazze del Quartiere? Raffaello, 30, anni, è il fratello di Rubina e continua il mestiere di scultore da quattro generazioni. E’ single ed è considerato un gran rubacuori. E’ un ragazzo gentile, dai modi delicati come le sue mani che scolpiscono nel marmo bellissimi volti di donna. “A San Frediano si respira una bella aria, siamo una grande famiglia – dice Raffaello – Le ragazze sono carine, simpatiche, non hanno peli sulla lingua ma sono un un po’ chiuse, vecchio stile. Un po’ d’altri tempi. Oggi subiscono la concorrenza delle ragazze straniere, che sono molte in S.Frediano”. La pensa così anche il cugino di Raffaello, Jacopo, 28 anni, che dà una mano nel laboratorio e che sicuramente fa girare la testa a molte ragazze con i suoi grandi occhi neri “ Le ragazze che vediamo nel quartiere sono quelle che lavorano nei negozi e sono molto carine – dice - ma anche piuttosto riservate. Quelle che vivono qui, invece, sono soprattutto straniere e, mi dispiace dirlo, un po’ hanno soppiantato le ragazze di San Frediano”.
Francesca Tofanari
"Nuovo Corriere di Firenze"
Martedì 25 gennaio 2011
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